Il deserto del tartaro
18 maggio 2007
Succede che mi si rompe un dente. Il dentista mi riceve, graziosamente agghindato con la mascherina verde smeraldo sopra la barbetta curata, occhi vispi e mano ferma. Mi spalanca la bocca e, dopo pochi minuti, diagnostica una frattura del dente (ma va?) dalla metà della radice. Si parte: demolizione, perno in carbonio, ricostruzione provvisoria per dare il tempo al perno di sistemarsi o di fare infezione, dipende dalla dose di cu di fortuna che mi sarà riservata. Per ricostruire un dente fratturato (rotto, avrei detto io, ma sono stata corretta) il dentista applica attorno all'ex dente uno strumento di tortura che, supportato da altri simpatici presidi, è cosa degna dell'era medievale. La matrice. Si tratta, lo dico per chi non ha mai avuto il piacere di trovarsela in bocca, di un supporto metallico di forma circolare che viene applicato e stretto, oh sì, molto stretto, attorno a quello che sarà il dente una volta riempita la matrice stessa. Poiché il materiale che viene usato abbisogna di un ambiente assai asciutto, il dottore applica due tamponi cilindrici di superovatta che assorbe anche la bava di lumaca. Eccolo, il Deserto del Tartaro. Nella mia bocca, a quel punto, mancano solo il cammello e un paio di datteri.
Comunicazione di servizio: Haloscan sta dando i numeri, non vedo i commenti e non posso scriverne, mi arrivano solo via email. Vi saprò dire, amatemi a prescindere.
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posted by Albamarina at 19:17 |
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